COS'E'
UNA CENTURIAZIONE
I
Romani sapevano che difendere un territorio appena conquistato era
una impresa particolarmente difficile e impegnativa e perciò,
in genere, favorivano insediamenti di popolazioni indigene amiche
o di cittadini romani come per esempio gli ex-legionari. La
realizzazione di tali insediamenti richiedeva necessariamente la
costruzione di nuove vie di comunicazione, la fondazione di nuove
colonie e soprattutto una radicale ristrutturazione del territorio
con enormi lavori di bonifica, disboscamento, opere idrauliche,
costruzioni di insediamenti rurali, riduzioni a coltura. L'insieme
di tutti questi lavori poteva portare alla realizzazione di una
centuriazione che era costituita da un reticolo di strade o corsi
d'acqua perpendicolari fra loro che delimitavano grandi quadrati
di terreno solitamente di circa 720 metri di lato (20 actus),
chiamati centurie. Il terreno all'interno delle centurie era
suddiviso in appezzamenti che venivano poi assegnati ai coloni. Il
nome centuria deriva dal fatto che originariamente, come narra
Varrone nel "De re rustica" , una centuria veniva
suddivisa in 100 parti uguali (heredia) pari a circa 5046 mq e
assegnata a 100 coloni. Alcune aree invece erano adibite a pascolo
o bosco e lasciate ad uso comunitario. Le strade che
delimitavano le centurie erano chiamate decumani e cardini. Si
distinguono il decumano ed il cardine massimi che usualmente
avevano una larghezza maggiore delle altre strade. Le
centuriazioni si sono diffuse in vaste aree dell'impero romano ed
il loro reticolo si è impresso nel paesaggio agrario di
molte regioni costituendo una delle testimonianze archeologiche
più imponenti della civiltà romana. Infatti in
numerosi casi la continuità abitativa dei territori
dall'epoca romana all'attuale ha favorito il persistere
dell'orientamento stradale e la distribuzione degli insediamenti
odierni secondo lo schema tracciato dagli agrimensores romani. Si
può affermare che il fenomeno della centuriazione sia stato
di estrema importanza per Roma sia dal punto di vista economico
con la valorizzazione delle risorse del territorio e la
possibilità di introdurre tecniche di conduzione agraria
nuove e più avanzate, che dal punto di vista sociale
fornendo un reddito alle popolazioni meno abbienti, dando una
sistemazione ai soldati alla fine del servizio, ma anche
aggregando in un contesto che ne favoriva la romanizzazione le
popolazioni indigene dei territori conquistati.
LE
CENTURIAZIONI NEI SECOLI
Già
nella fondazione delle prime colonie da parte delle città
greche nell'VIII secolo a.C. furono applicati criteri geometrici
con divisioni del terreno secondo schemi regolari che permettevano
chiarezza nella distribuzione della proprietà e
funzionalità nell'utilizzo del suolo (drenaggio,
viabilità). Nel VI secolo l'invenzione di nuovi
strumenti come il traguardo ottico e la livella hanno permesso
impianti di città e divisioni agrarie di territori secondo
direttrici perfettamente ortogonali. Ne sono validi esempi
l'organizzazione di città come Selinunte, Locri e
Metaponto. Questi principi furono successivamente acquisiti
dagli Etruschi che li arricchirono di significati
astronomico-religiosi. Questi principi di pianificazione
urbanistica furono quindi assorbiti dai Romani fin dall'età
arcaica. Le norme per l'esecuzione delle centuriazioni sono
pervenute fino a noi tramite trattati, a volte frammentari ed
interpolati, scritti dagli agrimensores. Prima
dell'affermazione del sistema delle centurie quadrate è
documentata una divisione agraria secondo il sistema detto della
strigatio e scamnatio rappresentato da lunghe bande rettangolari
di terreno disposte nel senso della lunghezza o della larghezza.
Dal II secolo a.C. si sono abbandonate queste divisioni e si
arrivò ad una diffusione generalizzata della centuriazione
che offriva maggiori vantaggi per l'organizzazione del territorio
e le comunicazioni. Nel II secolo a.C. Roma ha espletato una
politica di colonizzazione dell'Italia settentrionale con la
deduzione di colonie e la centuriazione e l'assegnazione di vasti
territori. Ciò al fine di favorire i piccoli proprietari
trovando per loro nuove terre in zone lontane, senza danneggiare
gli interessi della classe dirigente romana concentrati per lo più
nell'Italia centro-meridionale. Contro questi interessi è
andato invece Tiberio Gracco che nel 133 a.C. con la sua legge
agraria mirava ad installare i coloni nelle zone migliori e più
centrali dello Stato procedendo ad espropri ai danni dei grossi
latifondisti. Dopo la fine del II secolo le ulteriori colonie
dedotte ebbero lo scopo precipuo di fornire terre ai veterani
dell'esercito. La centuriazione di un territorio e la sua
assegnazione veniva decisa dal potere centrale tramite
l'emanazione di una legge che stabiliva l'ubicazione e
l'estensione del territorio da centuriare, il numero dei coloni e
le modalità della distribuzione dei lotti. Per
sovrintendere alla fase esecutiva veniva composta una commissione
di magistrati straordinari.
CHI
PROGETTAVA LE CENTURIAZIONI
I
tecnici adibiti alla suddivisione e centuriazione del territorio
erano detti agrimensores ed erano persone di profonda cultura
tecnica. Solo chi superava speciali esami poteva svolgere questa
professione. Scuole per agrimensori esistevano nei centri maggiori
dell'impero; il piano di studi prevedeva geometria, astronomia,
fisica terrestre, giurisprudenza. Oltre alla funzione
squisitamente tecnica essi svolgevano anche una delicata funzione
giuridica: emettevano sentenze nelle controversie inerenti le
proprietà ed i confini. Il principale strumento
impiegato dagli agrimensores era la groma. La groma si componeva
di tre parti: una croce a quattro bracci, un braccio di sostegno e
un'asta di supporto. Ai bracci erano appesi fili a piombo. La
croce era collegata all'asta di sostegno tramite un braccio che
consentiva di traguardare due fili a piombo opposti senza
l'ostacolo dell'asta di supporto. Questo strumento consentiva di
delineare sul terreno tracciati rettilinei e angoli retti. La
tecnica era la seguente:
- si piantava l'asta di sostegno
nel terreno; - si ruotava il braccio di sostegno fino a
portare il centro della croce a piombo con il punto da cui
partire; - si traguardava da un filo a piombo il
corrispondente opposto. L'allineamento era regolato su paline
infisse nel terreno.
I
LIMITES DELLA CENTURIAZIONE
Il
terreno veniva suddiviso con fossati e strade rettilinei che,
incrociandosi perpendicolarmente tra loro, formavano i quadrati
delle centurie. Questi allineamenti, detti limites, prendevano il
nome di decumani e cardini a seconda del loro orientamento: i
decumani da E ad O, i cardini da S a N. I limites più
importanti erano il decumano massimo ed il cardine massimo che
erano costituiti da strade più larghe delle altre. Essi
venivano tracciati per primi quando veniva impostata la
centuriazione, determinandone così l'orientamento. Questo
spesso si discostava dalle regole teoriche e veniva scelto in base
all'inclinazione del terreno, orientando strade e fossati secondo
il corso dei fiumi per facilitare il drenaggio delle acque dai
campi coltivati. Altre volte invece si seguiva l'orientamento di
strade di collegamento preesistenti come nel caso delle numerose
centuriazioni emiliane in cui il decumano massimo è
rappresentato dalla via Aemilia. In genere i limites erano in
terra battuta e solo le strade più importanti erano
pavimentate. Una volta delimitate le centurie si procedeva alla
loro suddivisione interna per separare una proprietà
dall'altra. I confini interni erano chiamati limites intercisivi
ed erano quasi sempre costituiti da fossati e sentieri paralleli o
perpendicolari ai decumani. Questi potevano dividere la centuria
in sezioni regolari, come nella centuriazione a nord di Padova,
dove è divisa in quattro rettangoli di 20 x 5 actus o in
quella di Asolo, divisa in tre rettangoli di 21 x 7 actus. Dove
i limites si incrociavano venivano posti dei cippi chiamati
termini che potevano essere in legno o in pietra di forma
cilindrica o prismatica e in genere recavano incisi sulla faccia
superiore il decussis (due linee in croce indicanti le direzioni
dei limites) e le coordinate della centuriazione in riferimento al
decumano ed al cardine massimo. Agli incroci usualmente
venivano erette edicole o are sacrificali o piccoli templi per il
culto degli dei. Ancora oggi notiamo la presenza di edifici sacri
come chiese o capitelli nei pressi dei punti in cui i limites
della centuriazione si incrociavano, per la persistenza dei luoghi
di culto nel passaggio dal rito pagano a quello cristiano e sembra
che l'ubicazione dei luoghi sacri sia l'unica caratteristica
dell'antico territorio trasmessa e arrivata fino a noi. I
confini tra le proprietà erano sacri e potevano essere
indicati da pietre o cippi. Lo spostare una pietra di confine era
considerato sacrilegio ed era punito con gravi pene.
L'ASSEGNAZIONE
DELLE TERRE AI COLONI
Una
volta completata la centuriazione, i singoli lotti di terra
venivano assegnati ai coloni mediante sorteggio ed erano perciò
chiamati sortes. La grandezza delle sortes era in relazione al
tipo di colonia: nelle colonie romane le dimensioni erano uguali
per tutti i coloni; in quelle latine erane proporzionate al rango
sociale dei coloni. Ad assegnazione avvenuta l'agrimensore
rappresentava graficamente il territorio su una pianta chiamata
forma; questa costituiva il documento ufficiale dell'assegnazione
delle terre e ad essa si ricorreva in caso di controversie tra i
proprietari. La forma era redatta in due esemplari: uno in bronzo
che andava esposto in luogo pubblico ed un secondo su tela che
veniva inviato al tabularium imperiale a Roma. Si conoscono due
tipi principali di assegnazioni.
- Assegnazioni coloniarie:
avvenivano nell'ambito di una colonia che era una comunità
amministrativa fondata in genere per motivi militari-strategici a
difesa di un confine, a protezione di un nodo viario o a presidio
di un territorio appena conquistato. - Assegnazioni viritane:
gli assegnatari erano singoli individui non organizzati in colonie
ma giuridicamente ed amministrativamente dipendenti da Roma,
spesso soldati al termine della carriera. Nella pianura padana
vennero fatte prevalentemente assegnazioni viritane.
LA
CENTURIAZIONE DI ADRIA
Lo
studio delle fotografie aeree ha portato Rodolfo Peretto nel 1968
ad individuare il decumano massimo e ad ipotizzare la presenza di
una suddivisione agraria di epoca romana. Successivamente gli
studi di Camillo Corrain, Raffaele Peretto, Pierluigi Tozzi ed
Enrico Zerbinati hanno portato alla conferma dell'esistenza di una
vasta centuriazione attribuibile al municipio romano di Adria.
L'area centuriata, stretta entro due paleoalvei del Po, si spinge
dalla periferia di Rovigo fin quasi alla laguna veneta per una
estensione totale di circa 250 km quadrati. La centuriazione è
imperniata su un imponente tracciato stradale, attualmente
scomparso e visibile solamente dall'alto grazie alle tracce dei
due fossati laterali che hanno lasciato un binario rettilineo
visibile sul terreno arato e sulle colture. Questa strada che
probabilmente costituiva un tratto di un tracciato che portava da
Modena e Bologna ad Aquileia, si può considerare un esempio
di via larga 100 piedi, risultando ampia, all'analisi della foto
aerea, fra i 19 ed i 26 mt circa e fra i 30 e 34 mt se
comprendiamo anche i fossati. Questa strada è stata
identificata con il decumano massimo della centuriazione ed è
stata convenzionalmente chiamata "Via di Villadose".
Essa è visibile, a tratti, per una distanza di circa 22 km,
dalla chiesa di Buso vicino a Rovigo fino a Monsole in provincia
di Venezia. Il cardine massimo non è ancora stato
identificato, mentre sono riconoscibili molti tratti di limites
secondari che sono larghi circa 7,5 mt. Per rendere abitabili e
coltivabili questi territori, gli antichi agrimensori dovettero
risolvere grossi problemi di carattere idrogeologico. Il più
impegnativo era quello di far defluire le acque dai terreni
coltivati e fu risolto orientando la centuriazione parallelamente
a due paleoalvei del Po, secondo la maggiore pendenza del
terreno. I lati delle centurie erano di circa 960 mt. (pari
alla misura romana di 27 actus). Queste dimensioni sono atipiche e
superiori alla misura usuale delle altre centuriazioni che era di
20 actus. Pertanto l'estensione di una centuria era di poco
inferiore ai 100 ettari. Anche le dimensioni delle strade sono
superiori a quelle raccomandate dai gromatici: nelle colonie
militari augustee il decumano massimo era largo 40 piedi (11,82
mt), il cardine massimo 20 (5,91 mt), i quintari o limiti
ricorrenti ogni cinque, 12 piedi (3,5 mt) ed i limites subruncivi
che potevano essere semplici sentieri, 8 piedi (2,3 mt).
IL
TERRITORIO DI VILLADOSE IN ETÀ ROMANA
L'estremità
sudoccidentale della centuriazione andava ad incunearsi fra due
alvei del Po oggi estinti: un primo ramo proveniente da Rovigo si
dirigeva verso nord e corrisponde all'attuale strada
Rovigo-Sarzano-San Martino, l'altro diretto a sud coincide col
tracciato stradale che da S. Apollinare porta a Ceregnano, Lama e
Cicese. Lo studio delle foto aeree ad ovest ed a sud di questi due
paleoalvei non ha rilevato tracce di limites e pertanto si
ipotizza che essi costituiscano il confine ad ovest ed a sud
dell'area centuriata. Un altro importante fiume, ancora oggi
attivo, attraversava anticamente l'agro centuriato: si tratta
dell'Adigetto che secondo gli esperti poteva costituire un terzo
ramo del Po o un ramo meridionale dell'Adige. La sua importanza
nell'antichità, nonostante l'esigua portata d'acqua
attuale, è testimoniata dall'imponente alveo, rialzato
anche di tre metri dal piano di campagna e largo in alcuni punti
oltre 150 metri. Esso attraversava la centuriazione in direzione
nord-est e veniva tagliato perpendicolarmente dai cardini. Non è
escluso che nella centuriazione ci fossero, oltre ai terreni
coltivati anche aree boschive e paludose ed altre adibite a
pascolo destinate ad un uso comunitario.
LE
STRADE ROMANE E LA VIA DI VILLADOSE
La
potenza di Roma si basava anche sulla sua imponente rete stradale
che permetteva una rapida penetrazione militare ed il mantenimento
dei traffici con tutto l'impero. Durante il regno dell'imperatore
Domiziano (81-96 d.C.) esistevano 372 strade per una estensione di
53.000 miglia. Gli studiosi hanno ricostruito la viabilità
antica rifacendosi in parte all'interpretazione di foto aeree, in
parte a ritrovamenti archeologici (pietre miliari, pavimentazioni
stradali, ecc.) ed in parte allo studio di due antichi documenti:
l'Itinerario di Antonino e la Tavola Peutingeriana. Il primo (III
sec. d.C.) è una guida delle principali strade del tempo di
Caracalla; il secondo è una copia del XII secolo di un
itinerario romano del IV secolo d.C. con tanto di città,
posti di tappa, strade e distanze. I Romani ponevano lungo le
più importanti vie di comunicazione le pietre miliari.
Queste, poste ad intervalli di un miglio romano (1480 mt circa),
indicavano oltre alla distanza dal punto di partenza della strada,
il nome del console che ne aveva curato la costruzione. Lungo le
strade erano posti a distanze regolari (in genere fra le 12 e le
18 miglia) dei posti di tappa dove si poteva alloggiare
(mansiones) o semplicemente cambiare i cavalli e mangiare qualcosa
(mutationes). Adria era in epoca romana un nodo viario
collegato con Ravenna e Aquileia dalla via Popillia, con Padova
tramite la via Annia e con Verona da una strada che passava per il
territorio di Gavello. La via di Villadose invece, secondo
l'ipotesi di Bottazzi e Calzolari, costituiva un tratto del
tragitto che permetteva ai viaggiatori provenienti da Modena e
Bologna di raggiungere Aquileia evitando di passare per Este e
Padova, in quanto si raccordava con la via Popillia a nord di
Adria. A conferma di questa ipotesi i due studiosi analizzano le
mansiones descritte nell'Itinerario di Antonino nel tragitto tra
Modena ed Este e identificano Vicus Varianus con Vigarano Mainarda
Vecchia ed Anneianum con Arquà Polesine. Da qui la strada
si sarebbe divisa con un trivio da dove si ci si poteva dirigere a
nord-ovest verso Este per giungere poi a Padova, a nord-est verso
la centuriazione che veniva attraversata seguendo il decumano
massimo ed ad est tramite la cosiddetta via di Gavello verso
Adria. A testimonianza della sua importanza il tratto di strada
che attraversa le campagne di Villadose è costeggiato da
numerosi siti archeologici romani.
LE
RICERCHE DEL GAV NELLA CENTURIAZIONE
Prima
di iniziare la loro ricerca su una porzione di territorio estesa
per circa 90 chilometri quadrati che anticamente erano parte della
centuriazione di Atria, i soci del Gruppo Archeologico di
Villadose hanno intrapreso una ricerca bibliografica sui
rinvenimenti, gli studi e le segnalazioni avvenute in passato.
Sono stati individuati alcuni articoli nella rivista Padusa
inerenti la scoperta del decumano massimo e i ritrovamenti
avvenuti nell'area centuriata ed alcuni testi fra cui citeremo "Il
Polesine ne l'antico impero" di A. De Bon, "l'Antico
Polesine" di autori vari e "Memoria della terra storia
dell'uomo" di P. Tozzi. Dalle letture eseguite si è
avuta la conferma che ancora nessuno aveva eseguito studi metodici
sul territorio con il rilevamento della posizione e delle
caratteristiche dei siti archeologici al fine di poter ricostruire
il popolamento antico della regione. Sono state valutate
numerose mappe antiche a partire dal 1400 fino alle edizioni più
recenti delle tavolette al 25.000 dell'IGM con lo scopo di
verificare la permanenza dall'epoca romana di orientamenti agrari,
strade, corsi d'acqua orientati secondo le coordinate dell'antica
centuriazione. Inoltre è stata svolta una ricerca sui
toponimi per valutare eventuali presenze di nomi derivati dal
periodo romano. Si è così potuto concludere che
dopo la fase medioevale di impaludamento, l'orientamento delle
divisioni agrarie e delle strade era cambiato completamente e
l'unica traccia della presenza romana era costituita dalle
lineazioni visibili nelle fotografie aeree. Per ulteriori
dettagli sui 7 anni di ricerche eseguite dal GAV nella
centuriazione di consulti l'articolo di Enrico Maragno e
Alessandro Grigato.
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